IL CHIASSO D'ORO
nel castello medievale di Livorno

Il castello di Livorno, o Liburna, come si diceva nel medioevo, non era molto grande, o almeno non era paragonabile alla città di oggi. Comprendeva l’area che andava verso l’interno dalle mura presso il mare e dalla Porta che appunto si chiamava “a Mare” fino alla Porta detta a Terra. Si sviluppava lungo una via principale – corrispondente circa all’attuale di San Giovanni – dalla quale si dipartivano i vicoli secondari: i chiassi.
Una di queste viuzze era chiamata Chiasso d’Oro; l’appellativo lo portò fino a quando il quartiere fu demolito negli anni Trenta e Quaranta del Novecento per dar luogo alle costruzioni odierne.

Non era in realtà una denominazione particolarmente originale: si trova ricordata a Firenze già nel 1417 e oggi è il Vicolo dell’Oro presso il Lungarno Acciaioli. Fu collegata però da Piero Bargellini nelle Strade di Firenze alla lavorazione del metallo prezioso e alle botteghe di orafi del vicino Ponte Vecchio.
Ugualmente a Pisa esiste il Vicolo dell’Oro nel quartiere meridionale detto un tempo di Chinzica, parallelo al Corso Italia.
Nulla di ‘strano’ dunque. Tale ripetitività dimostra anzi come il metallo fosse ricercato e lavorato e quindi una conseguente ‘cultura’ economica comune che voleva le botteghe degli orefici nei centri di rilievo e, nel caso di Livorno, nei castelli marittimi di buon traffico.
O almeno questa è la sola ipotesi logica che per ora si può fare riguardo a un luogo oggi del tutto scomparso.

Il Chiasso d’Oro di Livorno innanzitutto si trova ricordato nel catasto del 1427. Vi aveva casa lo speziale (farmacista) Nieri di Francesco la cui bottega era nel vicino Borgo. Vi aveva pure una casa e con un solaio Neri di Vannuccio dal mestiere non specificato. E probabilmente vi si trovava l’osteria di un certo Nanni di Guglielmo che dichiarava per scritto che vi erano stati “cinque anni i soldati”.
Altri suoi abitanti furono i Falabanda documentati direttamente nel 1485. Si trattava di una famiglia di falegnami. Banda infatti era detta una parte dell’uscio oppure ciascuno dei due lati della nave. E quest’ultimo caso si accorda bene a Livorno, ai suoi cantieri medievali e ai lavoratori specializzati.

Nel 1513 invece troviamo il Chiasso d’Oro in una pergamena che, come altre, semmai si dubitasse, mostra la provenienza eterogenea degli abitanti di Livorno.


Vi si scrive infatti di come Nanni di Giovanni di Puccino da Rosignano (Marittimo) vendesse a Nicolaio di Bonavita corso, abitante in Livorno, una casa “cum palcis, salis, cameris et tecto” (palchi, sale camere e tetto), oltre a pertinenze e abituri, situata ‘nel Chiasso d’Oro’. Confinava con altri immobili dell’acquirente e con quelli della pieve di Santa Maria. Il prezzo stabilito era stato di fiorini 409 d’oro in oro larghi ... “quod deponatur et deponi deberat penes hospitalarium Sancte Marie Nove “ di Firenze – da deporre presso gli spedalieri di Santa Maria Nuova di Firenze, con i quali Nanni aveva relazioni o (forse) pendenze.
Questa carta fu rogata al “banchum iuris domini capitanei dicti loci”, testimoni Bartolomeo di Smeraldo dei Covoni di Firenze, Giovanni di Nicolaio di Corso e Matteo di Iacopo d’Andrea da Montopoli tutti dimoranti in città. Il notaio, che vi appose il suo bel segno, fu Pietro del fu Francesco di Andrea dei Macci del castello di Borgo alla Collina nel Casentino.

Pur cercando nei vari repertori, non è stato possibile trovare il nome del capitano fiorentino di Livorno indicato nella pergamena. I documenti d’altronde sono scarsi perchè i tempi erano incerti. La città fino al marzo 1513 era stata soggetta all’interdetto lanciato nel 1511 da Giulio II contro Firenze e i francesi che avevano promosso un concilio a Pisa per intimidirne le intenzioni. Tuttavia, proprio poco tempo prima del rogito, a febbraio, la complicata faccenda si era risolta con la morte del papa e il successivo avvento al soglio pontificio di Leone X, cioè di Giuliano figlio di Lorenzo il Magnifico.



Paola Ircani Menichini, 12 novembre 2021.
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– Il segno del notaio Pietro dei Macci.

– Renato Natali, la Darsena di Livorno, fine anni ‘40, da Sant’Agostino Casa d’Arte.

– Particolare dell’atto notarile del 1513 con il ricordo del Chiasso d’Oro.

–Livorno nel 1747, incisione su rame di F. Scoto (Franz Schott), da Catawiki.

– Pianta della città al tempo di Ferdinando III (1790-1799), di Antonio Piemontesi, Archvidio di Stato di Livorno.


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